Il livello di maturità delle aziende europee, riguardo ai criteri ESG, è inferiore alle aspettative dell’UE. Anche se non ci sono differenze sostanziali tra i Paesi, quasi metà delle aziende europee non possiede una politica o un manager dedicati a ESG o CSR. L’industria manifatturiera spicca per la sua grande maturità nei confronti di questi argomenti, mentre il settore dei servizi è particolarmente indietro.

È quanto emerge dall’ultimo studio di Lefebvre Sarrut, leader europeo nella conoscenza legale, fiscale e normativa e che in Italia è presente attraverso il brand Giuffrè Francis Lefevbre. Si tratta di un sondaggio tra 744 aziende europee di varie dimensioni e diversi settori di attività, che punta a misurare il loro grado di consapevolezza riguardo alle tematiche ESG e Corporate Social Responsability e le loro iniziative in campo ambientale, sociale e di governance. Nello specifico, dal report emerge che:

  • il 40% delle aziende europee non ha familiarità con i criteri ESG,
  • il 43% delle aziende europee non possiede un punto di riferimento designato per i criteri ESG,
  • il 45% delle aziende europee non ha intrapreso alcuna azione per anticipare l’imminente entrata in vigore della direttiva europea CSRD.

Il report non evidenzia particolari disparità tra i Paesi europei, piuttosto una carenza di consapevolezza collettiva che solleva questioni importanti in un momento in cui le aspettative dell’UE stanno diventando più chiare. Entro il 2024, le aziende con più di 500 dipendenti o con un fatturato superiore a 40 milioni di euro dovranno segnalare il loro impatto ambientale, sociale e di governance, in linea con la direttiva europea CSRD. L’ambito di applicazione sarà gradualmente esteso ogni anno: nel 2025 riguarderà le aziende con più di 250 dipendenti, nel 2026 le PMI quotate, nel 2028 le filiali di gruppi non europei, ecc.

Un’evidente carenza di maturità nei settori dei servizi e della consulenza

Nonostante vengano spesso criticate, le aziende del settore industriale (automobilistico, manifatturiero, chimico, ecc.) spiccano per la loro maggiore maturità quando si tratta di criteri ESG, con l’implementazione di politiche volte a controllare e ridurre il loro impatto sociale e ambientale. Al contrario, i settori dei servizi e della consulenza spiccano per immaturità e carenza di consapevolezza delle aspettative nei loro confronti e dell’imminente applicazione della direttiva europea CSRD.

Le disparità nella maturità possono essere spiegate dalla precoce esposizione dei settori industriali ai criteri ambientali, che ha permesso alle aziende coinvolte di acquisire una solida esperienza nell’identificazione e nella reazione alle normative e nella creazione di politiche ESG o CSR. D’altro canto, le aziende di servizi e consulenza, che finora sono state esenti da normative severe, dovranno essere tenute in considerazione e spinte a rivedere il loro impatto ESG.

Camille Sztejnhorn, ESG Impacts Director di Lefebvre Sarrut, commenta: “Troppe aziende sottovalutano il ruolo futuro della direttiva CSRD, così come le questioni ambientali, sociali ed economiche che essa solleva. Se opportunamente compresi, (capendoli, misurandoli e migliorandoli), i criteri ESG possono rappresentare un valore aggiunto. Dall’altro lato, ignorandoli si corre il rischio di compromettere la sostenibilità a lungo termine dell’azienda”.

“Le normative europee in materia di ESG e CSR pongono sfide rilevanti sia per le aziende, che dovranno progressivamente adeguarsi ai nuovi obblighi, sia per i professionisti che in veste di consulenti saranno chiamati, non solo a dare loro supporto concreto nei vari settori di pertinenza, ma anche a prospettare le grandi opportunità di crescita del business che derivano da una corretta applicazione dei criteri CSR”, commenta Stefano Garisto, Amministratore Delegato di Giuffrè Francis Lefebvre. “Affiancheremo professionisti e manager d’azienda anche in questa nuova sfida – aggiunge Garisto – con servizi di informazione autorevoli e soluzioni operative smart”.

Redazione