Finanziare la formazione per l’aggiornamento delle competenze è un’opzione percorribile per le organizzazioni, soprattutto in un contesto economico e digitale in continua trasformazione come l’attuale, ma qual è lo stato dell’arte in merito?

Tre aziende su quattro concentrano gli investimenti formativi complessivi sul target degli Impiegati (76%); a seguire sono stati indicati i Quadri (13%), gli Operai (8%) e i Dirigenti (3%).

Se un terzo del campione finanzia solo fino al 25% della formazione annuale tramite Fondi Interprofessionali/Bandi/Avvisi, il 45% ha dichiarato di avvalersene dalla metà fino alla totalità del budget formativo.

Lo strumento che viene utilizzato maggiormente è il Conto Formazione Aziendale del Fondo Interprofessionale cui è iscritta l’impresa stessa (65%); a seguire vi sono i Bandi/Avvisi del Fondo medesimo (17%). Poco conosciuti o utilizzati i Bandi regionali (5%) e il Fondo Nuove Competenze (1%), quest’ultimo probabilmente in quanto strumento più recente e differente rispetto agli altri.

Il 12% degli intervistati, però, ha indicato che la propria organizzazione non finanzia con risorse esterne la formazione.

Tra le principali difficoltà indicate dalle aziende nell’usufruire dei finanziamenti per la formazione vi sono le regole stringenti da parte dell’Ente finanziatore (32%), le tempistiche (30%) e competenze adeguate per gestire gli aspetti burocratici (28%).

Il 27% ha indicato altresì di non rilevare alcuna difficoltà.

I dati derivano dall’instant survey Cegos “Formazione finanziata: com’è utilizzata dalle aziende italiane?” condotta tra aprile e inizio maggio su un campione di 105 imprese per capire lo stato dell’arte sulla diffusione dei finanziamenti per la formazione, gli ostacoli e gli ambiti di utilizzo.

Il quadro emerso delinea una certa polarizzazione tra realtà che hanno già acquisito familiarità e dimestichezza con questi strumenti, relativi vincoli e procedure – tanto da utilizzarla molto – e altre meno, evidenziando, quindi, ampi margini di miglioramento nella diffusione della formazione finanziata e delle sue opportunità – commenta Jessica Verderio, Training Funds Manager di Cegos Italia –. Certamente ci sono diversi elementi di complessità da superare; in generale si rileva la necessità di avvalersi di interlocutori specializzati che possano aiutare le imprese nell’accesso a questa tipologia di formazione, seguendone modalità e tempi di impostazione, svolgimento e rendicontazione dei piani e supportandole, quindi, a trasformarla in una competenza organizzativa. In quanto Gruppo internazionale con un forte presidio sul territorio e su tutto il processo di delivery, riteniamo sia importante contribuire a portare know-how, cultura ed expertise sul tema, affinché la formazione finanziata si diffonda maggiormente in ottica integrata alle diverse strategie aziendali per la competitività”.

Riguardo le aree maggiormente presenti nei progetti oggetto di finanziamento, al primo posto si trovano le soft skill (72%), ovvero competenze trasversali ormai indispensabili per qualsiasi ruolo. Al secondo vi sono le competenze IT/Digitali (33%) e al terzo quelle legate a Salute e Sicurezza (25%). Con percentuali più basse sono state indicate le competenze di Sales&Marketing (15%) e quelle di HR&Organization (12%). Chiudono la classifica quelle in ambito Innovation/Green (7%) e quelle inerenti l’area della Sostenibilià/Diversity&Inclusion (4%).

Anche se numerose realtà riconoscono l’importanza della diversità e dell’inclusione come motori di innovazione e sviluppo*, a oggi sembra necessario più tempo perché queste divengano temi centrali per la crescita professionale individuale e organizzativa – continua Jessica Verderio –. Forte si è confermato, invece, il fabbisogno di competenze trasversali, da leggersi oggi come dotazione individuale indispensabile in un contesto di larga diffusione dell’Intelligenza Artificiale in vari ambiti, oltre che per la necessità di ricostruire relazioni e nuove forme di collaborazione nelle organizzazioni post pandemia”.

Gli studi internazionali Cegos hanno identificato come principali soft skill per il 2023 l’hybrid collaboration, la comunicazione digitale, l’agilità e adattabilità, la creatività e il senso di innovazione, l’imparare ad apprendere, lo spirito d’iniziativa ed imprenditorialità e l’efficienza nell’organizzazione del lavoro.

L’instant survey è stata condotta su un campione di 105 aziende sul territorio nazionale, costituito per un quinto da Piccole e medie Imprese, per un quinto da realtà tra 501 e 2000 dipendenti e per un 39% da organizzazioni tra 101 e 500 lavoratori. Servizi e consulenza (25%), metalmeccanico e produzione (18%), ICT (9%), farmaceutico (6%), finance (6%), GDO (4%) e automotive (4%), i settori di provenienza predominanti. Come funzione aziendale il 59% dei rispondenti è composto da HR Manager ed HR Specialist.

* 6 rispondenti su 10 ritengono che le politiche DEI sono in grado di incidere sul benessere delle persone e sulle performance complessive dell’azienda e 1 HR su 2 si considera “promotore” della Diversity all’interno dell’organizzazione secondo la survey Cegos 2022 “Diversity & Inclusion nelle aziende: le competenze legate alle sfide di una trasformazione culturale”.

Redazione