- I rischi collegati all’incremento della digitalizzazione in 3 delle prime 5 posizioni
- Per il 97% degli intervistati i rischi legati a Health and Safety costituiscono una seria minaccia per il business
- Il rischio catastrophic personal life events occupa la penultima posizione in classifica, in forte controtendenza rispetto alle stime globali ed europee, che lo vedono rispettivamente al 3° e al 2° posto
La collaborazione fra HR e risk management può consentire alle organizzazioni di mitigare i rischi people legati alle minacce informatiche, alle trasformazioni del mondo del lavoro e alla gestione dei piani di compensation e benefit, nonché alle sfide in ambito di sostenibilità e salute e sicurezza. È questa una delle principali evidenze del report People Risk 2022 di Mercer Marsh Benefits. Lo studio parte dalle risposte di 2.594 professionisti in 25 Paesi, appartenenti al mondo delle risorse umane e del risk management, per analizzarne il comportamento e la percezione rispetto ai principali rischi people e alle sfide che le aziende devono affrontare per mitigarli.
Lo studio valuta ed esamina i rischi, raggruppandoli in cinque gruppi: Health and Safety; Governance and Financial; Accelerated digitization; Talent practices; Environmental and social. Tra le principali evidenze del report emerge come le organizzazioni non possano più limitarsi a reagire agli eventi in corso; al contrario, devono basarsi sulle lezioni apprese dall’evoluzione della crisi pandemica per sviluppare una base solida che permetta di anticipare e mitigare le minacce. Per fare ciò è fondamentale costruire un rapporto di fiducia e di collaborazione tra le funzioni HR e risk management.
Disponibile in italiano, l’edizione 2022 raccoglie e presenta in esclusiva i dati raccolti sulla base delle risposte di più di 100 professionisti HR e risk management, equamente divisi, provenienti dalle aziende che operano nel nostro Paese, per restituire una fotografia accurata dello scenario dei people risk in Italia.
Alcuni dati salienti:
- I rischi collegati all’incremento della digitalizzazione si confermano ai primi posti della classifica dei principali rischi people, andando a occupare 3 delle prime 5 posizioni. Il rischio cybersecurity e data privacy è in testa alla classifica italiana: un dato in linea con i rilevamenti Global e Central Europe. HR technology obsolescence e Impacts of automation and AI si posizionano rispettivamente al terzo e al quarto posto.
- Per il 97% degli intervistati i rischi legati a Health and Safety costituiscono una seria minaccia per il business. Si tratta di una categoria sempre più ampia e complessa, arrivata a comprendere tematiche come la salute mentale, il cosiddetto workforce exhaustion e il benessere dei dipendenti. A fronte di questa articolazione, più della metà degli intervistati ritiene che il proprio piano benefit non sia più adeguato, mentre mental health e workforce exhaustion vengono gestiti in maniera rilevante solo da un’azienda su 2. Tuttavia, il 92% intende investire in questo ambito nei prossimi 5 anni (quasi il 50% è intenzionato a farlo nei prossimi 2).
- L’80% degli intervistati vede nei rischi Governance and financial una minaccia per il proprio business. In questo ambito, le aziende devono destreggiarsi tra le complicazioni dovute all’aumento della complessità dei piani di benefit, nonché alla generale crescita del cost of risk. Solo il 40% dichiara di dedicare attenzione alla gestione del pension financial risk.
- Nell’ambito delle Talent Practice, nella top 10 italiana succession and key person risk è 6°, mentre changing nature of work è al 10° posto. La principale difficoltà nella gestione di questa categoria di rischi è legata alla mancanza di visione, strategia e impegno della senior leadership.
- 3 intervistati su 4 vedono i rischi Environmental and social come una seria minaccia per il business. Un dato in linea con la crescente pressione imposta dalle esigenze degli stakeholder e dalle normative in materia di compliance. Tuttavia, il 40% dichiara che la propria azienda non stia facendo abbastanza per la gestione dei rischi legati a Diversity, Equity & Inclusion. Inoltre, solo il 30% ritiene che sia stata definita una strategia chiara, trasparente e misurabile per avanzare i temi DEI. Il 35% garantisce equità nell’accesso ai benefit mentre il 13% vorrebbe investire nella mitigazione dei rischi DEI ma è limitato dai vincoli di budget.
- Il rischio catastrophic personal life events occupa la penultima posizione in classifica: un dato in forte controtendenza rispetto alle stime globali ed europee, che lo vedono rispettivamente al 3° e al 2° posto.
Il rischio cybersecurity e data privacy si mantiene saldamente al primo posto nella classifica globale, europea e italiana. Si tratta del primo rischio in Italia e nel mondo, ma nel nostro Paese è accompagnato anche dall’obsolescenza della tecnologia a disposizione dell’HR e dall’impatto dell’Intelligenza Artificiale e dell’automatizzazione. In questo scenario, il 30% delle aziende non si sta occupando adeguatamente dell’obsolescenza delle competenze mentre solo il 26% dichiara di avere una strategia per gestire l’impatto di IA e automazione.
“Creare sinergie tra le migliori metodologie disponibili in materia di risk management e la funzione HR abilita un approccio realmente integrato e coerente alla gestione dei rischi people. Abbattere alcuni silos ancora oggi esistenti consentirà anche di investire meglio in competenze e profili necessari ad anticipare diverse categorie di rischi, come quello legato alla digitalizzazione, su cui la strada da fare è ancora lunga”, osserva Andrea Bono, Chief Executive Officer di Marsh Italia ed Eastern Mediterranean Region.
“L’efficacia dell’approccio ai rischi legati alle persone sarà inoltre determinata dalla capacità delle aziende di sviluppare nuovi benefit e soluzioni per il benessere fisico e mentale dei dipendenti. È un aspetto sempre più rilevante per gli stakeholder, anche in conseguenza di quanto accaduto negli ultimi due anni e della sempre maggiore diversità di culture, esperienze e competenze presente all’interno delle organizzazioni” conclude Bono.
Lo scenario attuale sta esercitando ulteriore pressione sulle aziende affinché si concentrino non solo sul profitto ma anche sulle persone e sul purpose, così da creare dei modelli di business che siano realmente sostenibili. Sia i clienti che i lavoratori sono sempre meno disposti a tollerare leadership che non sono in grado di tener fede ai propri impegni in questi ambiti, come per esempio accade nei casi di greenwashing.
“Le persone vogliono lavorare per aziende in cui vedono riflessi i propri valori e che abbiamo un piano ben definito per il raggiungimento degli obiettivi ESG. È dunque fondamentale rileggere non solo la propria employee value proposition, ma l’intero modello di gestione dei talenti e delle competenze attraverso la lente della responsabilità sociale”, spiega Marco Valerio Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia. “Tra le principali priorità rientrano la tutela dei lavoratori, l’attuazione di politiche ambientali e l’attenzione verso le iniziative di diversità, equità e inclusione”.
Tuttavia” aggiunge Morelli “occorre fare molta attenzione che le azioni di CSR non siano identificate come brand washing ma vengano ben misurate, nel breve e nel lungo termine, e comunicate adeguatamente nei board così come a tutti i dipendenti”.
I dati italiani dell’indagine Mercer Marsh Benefits mostrano come, nel nostro Paese, quando si tratta di mitigare i rischi legati alle persone l’ostacolo principale è la complessità organizzativa (la una gestione delle responsabilità confusa o “a compartimenti stagni”): si tratta della prima difficoltà nell’affrontare i rischi Health and Safety (per quasi un’azienda su due) ed Environmental and Social (per più di tre aziende su dieci), nonché di una delle criticità più riscontrate anche nelle altre categorie.
Lo studio indica inoltre che l’aumento del costo della salute e della tutela dai rischi è una delle prime 10 priorità per le aziende di tutto il mondo. Questa sfida non può che divenire ancora più complessa alla luce della crescente pressione che viene posta sulla salute mentale delle persone: un problema evidenziato dal Global Talent Trends di Mercer, che ha rilevato che l’81% dei dipendenti dichiara di sentirsi a rischio di burnout (in aumento rispetto al 63% rilevato nel 2019). Scenario particolare nel nostro Paese, che vede rischi come Mental Health e Workforce Exhaustion al di fuori della classifica dei 10 rischi people principali.
“È quindi importante trovare un equilibrio, bilanciando la necessità di prepararsi a una potenziale situazione di recessione con la necessità di gestire i rischi people attraverso un approccio centrato sull’elemento umano, in modo da poter attrarre e trattenere i talenti in un mercato del lavoro molto esigente”, conclude Morelli.