Oggi l’omnicanalità, complice il periodo storico che stiamo vivendo e le trasformazioni che la crisi sanitaria sta causando in tanti ambiti e settori, è diventata un’assoluta priorità per tante PMI nell’esperienza di interazione con ogni utente. Questo sta portando ad un totale ripensamento, non tanto delle regole di vendite fisiche o legate ad un e-commerce, quanto della relazione in sé per sé, proprio perché oggi la customer experience è un aspetto centrale per il cliente ed è un elemento chiave di sopravvivenza, soprattutto per le aziende più piccole. È il motivo per quale oggi si parla di experience in termini di prossimità digitale, cioè del fatto che seppur si sia a un click di distanza dagli altri e si debba lavorare a distanza, perché purtroppo lo impongono le condizioni attuali, l’experience è quella cosa che fa scegliere un’azienda rispetto ad un’altra. L’experience è quindi il punto di valutazione da parte di un consumatore di quello che l’azienda sta offrendo.
Spesso e volentieri erroneamente, soprattutto le PMI, identificano la customer experience come un’area del marketing. In realtà si tratta piuttosto di un elemento di business continuity, cioè di sopravvivenza dell’azienda stessa in ogni condizione si trovi essa ad operare. Ciò che fa la differenza per un cliente, a prescindere dalla dimensione fisica o digitale del proprio acquisto, è la possibilità di usufruire di una experience frictionless, ovvero della possibilità di raggiungere il proprio obiettivo in pochi passaggi in modo soddisfacente.
Cosa abbiamo imparato dal lockdown? Anche se si stava a casa, si utilizzava comunque whatsapp o la propria e-mail per cercare di comunicare molto di più di quanto non si facesse in precedenza con clienti, collaboratori e colleghi. Questo è stato il caso di tutti, dai negozi di quartiere che raccoglievano le ordinazioni via whatsapp per il servizio a domicilio, piuttosto che il dipendente dell’azienda che utilizzava gli strumenti personali per mantenersi sempre in contatto con i colleghi e i superiori. La dimostrazione che abbiamo avuto in questo lockdown è che la conversazione immediata e quindi l’experience è parte essenziale non solo della qualità della relazione, quanto della qualità percepita e misurata del prodotto. Oggi perciò non c’è prodotto senza experience. A tal proposito la PMI si trova in un contesto competitivo diverso, in cui ci sono molti competitor e la partita si deve necessariamente giocare sull’experience, che è quell’elemento più a portata di mano e più vicino alla sua capacità innata di adattamento. Del resto è molto più facile che una PMI si adatti aggiungendo experience alle proprie relazioni e al proprio prodotto piuttosto che crei un prodotto nuovo.
È importante a questo punto sottolineare come l’experience non sia un aspetto puramente relazionale, quanto un ambito aziendale caratterizzato dalla misurazione di dati rilevabili. Secondo alcuni studi realizzati dagli Osservatori Digitali del Politecnico di Milano, in Italia solo il 2% delle aziende ritiene di estrarre valore dai dati. Questo ci riporta al tema della misurazione dell’experience. Oggi è importante dotarsi di software che permettono di rilevare i dati che emergono dall’interazione con l’utente, analizzandoli e gestendo così al meglio l’attività sui diversi touchpoint: dalle vendite fisiche nei negozi alle prenotazioni e acquisti online fino al servizio di pickup o di delivery. È l’omnicanalità che ha creato questa esplosione di dimensioni (fisiche e digitali) e senza dati di riferimento non la si può governare al meglio. Non si tratta di strumenti quali analytics o big data, che difficilmente una PMI potrebbe gestire se non con grossi investimenti in sviluppo di competenze che siano poi in grado di interpretare i dati raccolti, piuttosto sono strumenti capaci di trasformare il dato delle analitycs già in un’azione.
Per ricapitolare, l’omnicanalità oggi è un tema strutturale che sta portando ad una ridefinizione dell’experience, intesa come l’elemento cardine che deve stare al centro delle relazioni con le persone. Si parla quindi di people experience, non di customer experience, perché l’esperienza può riguardare un cliente, un dipendente, uno stakeholder o il territorio dove si opera. Questa experience ha una traduzione economica: come l’azienda misura il costo per commessa piuttosto che le conversioni dei propri venditori o la loro produttività, l’experience diventa oggi parte delle dimensioni di lavoro dell’azienda.
Il problema più grande per una PMI è che spesso è troppo chiusa nella sua realtà per vedere le cose diversamente. Ora il primo passo che una PMI dovrebbe fare è quello di identificare con più chiarezza chi è il suo cliente di oggi e chiedersi in che direzione l’azienda sta andando e se è in linea con i tempi, soprattutto alla luce del periodo storico che stiamo vivendo. Il cliente oggi è diverso. Questo perché ci sono dei driver di valore diversi, la sicurezza ha una priorità differente, ma soprattutto oggi tutti hanno una modalità differente di rapportarsi al tempo. L’uso di quest’ultimo è fatto in maniera più attenta perché c’è un orientamento al risultato molto maggiore rispetto a prima.
Il secondo passo è relativo all’impossibilità, spesso, di poter creare in azienda delle sovrastrutture tecnologiche molto avanzate, quindi è importante ragionare su degli strumenti che consentano di trasformare l’informazione che già si ha all’interno dell’azienda in vera experience e quindi in problem solving. Oggi di questi sistemi ce ne sono tanti, si tratta di software da implementare di tipo plug&play e quindi funzionanti già con quelli a disposizione dell’azienda. Si tratta di soluzioni rapide, anche in termini di attivazione, che accelerano il cosiddetto time-to-market, che consentono di gestire al meglio le relazioni a distanza e di integrare digitale e mondo fisico, aumentando la redditività dei canali di vendita e la resa degli investimenti che l’azienda ha già fatto in tecnologia.
Da ultimo, la soluzione più semplice per aver successo nel gestire una relazione è far arrivare le risposte alle persone in un modo che è parte delle loro abitudini quotidiane. È quindi importante che l’azienda si organizzi per rispondere con continuità, incentivando questa prossimità digitale, attraverso l’uso dei canali di comunicazione che il cliente abitualmente utilizza, abbattendo così la distanza digitale con le persone.
Umanista Digitale, specializzato in digital transformation, è Managing Director di LIFEdata, startup innovativa che si occupa di soluzioni di intelligenza artificiale no-code per knowledge management, business operations e omnichannel customer experience. Come, ad esempio, usare touchpoints nelle abitudini della gente, come whatsapp, per trasformare i processi in experience. Il suo compito è dare senso pratico alla complessità percepita della tecnologia per cambiare come si fanno le cose in modo sostenibile per il business e per le persone.