La rivoluzione digitale in atto, derivante dalla diffusione delle Information and Communication Technologies (ICTs), presenta effetti significativi non solo nell’ambito sociale e culturale, ma anche in quello economico attinente al mondo delle Piccole e Medie imprese. Le PMI rappresentano una realtà imprenditoriale consolidata e strutturale nel territorio italiano nonostante l’esiguità numerica. Infatti, le imprese italiane sono in totale 4,4 milioni, di cui circa il 95% sono micro-imprese (aziende con meno di 10 addetti), le grandi aziende rappresentano circa l’1% e le PMI, ovvero le aziende che non hanno più di 250 occupati e un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro, costituiscono il restante 5%, ma contribuiscono a oltre il 41% del fatturato complessivo prodotto in Italia e coprono circa l’80% dei posti di lavoro e il 70% del valore aggiunto[1].
La trasformazione digitale delle PMI segue tre linee direttrici:
- Personalizzazione di prodotti e servizi: l’Internet of Things raccoglie una grande quantità di informazioni relative ai clienti fornendo una value proposition customizzata e contestualizzata, con un conseguente impatto sulla fidelizzazione della clientela;
- Affermazione di nuovi modelli di business: l’integrazione del digitale permette alle aziende di fornire un’offerta di prodotti-servizi ad alto valore aggiunto;
- Ampliamento delle opportunità di collaborazione all’interno e all’esterno della filiera produttiva, ampliando la stessa e stabilendo nuove partnership strategiche.
Negli ultimi anni, sono state fatte importanti iniziative volte a promuovere la digitalizzazione del comparto delle PMI, quali la Regional Cloud di Microsoft, una piattaforma che fornisce servizi cloud con sovranità dei dati, supportando una sempre più massiva adozione di soluzioni di intelligenza artificiale (AI) da parte delle imprese. Questo investimento nella digitalizzazione del comparto delle PMI rappresenta sicuramente un passo significativo verso un maggiore sviluppo e competitività del settore. Tuttavia, nonostante siano stati fatti dei passi avanti e l’avvento di eventi esiziali come la pandemia da Covid-19, il livello di digitalizzazione delle PMI è ancora di gran lunga al di sotto rispetto alla media europea. Secondo lo studio del DESI, Digital Economy and Society Index[2], l’Italia è tra gli ultimi posti (specie relativamente alla dimensione del capitale umano e delle competenze digitali) nello stato generale della digitalizzazione. Questo dato è avvalorato dal Digital Intensity Index, secondo cui l’Italia si colloca al 21° posto su 28 Stati membri[3].
Per colmare questo divario, che si traduce evidentemente in minore competitività rispetto ai partners europei, le PMI dovrebbero abbandonare una strategia volta alla digitalizzazione dei soli processi di base (contabilità e gestione finanziaria) in vista di una riduzione dei costi e di un miglioramento dell’efficienza. La digitalizzazione, infatti, ha senso solo nella misura in cui viene proiettata in una visione strategica di lungo periodo: è necessario ridefinire da un lato il marketing dell’impresa, ottimizzando, in primo luogo, la presenza sul web, dall’altro puntando sul rafforzamento dell’e-commerce, che può rappresentare un canale strategico per portare il proprio business oltreconfine. Relativamente al primo punto, nonostante circa l’80% delle PMI abbia un proprio sito web, solo alcune hanno siti realmente performanti e costantemente aggiornati. Sullo sviluppo dell’e-commerce, a fronte di un punteggio basso anche per le grandi imprese (25,8%), le PMI non brillano nelle vendite online, attestandosi sotto la media europea con il 17,5%[4].
Ma quali sono i fattori che ostacolano gli investimenti in ICT? Sicuramente la scarsità delle risorse finanziarie e la mancanza di capitale umano qualificato, responsabile dell’utilizzo delle nuove tecnologie, rappresentano un fattore che blocca l’inveramento della trasformazione digitale. In aggiunta a ciò, la scarsa fiducia nelle soluzioni tecnologiche presenti sul mercato, solitamente impiegate dalle grandi imprese, non stimola l’investimento, necessitando le PMI di soluzioni ad hoc in relazione alle particolarità strutturali, culturali e organizzative.
Per un reale cambio di passo, è necessario che le imprese investano in dieci ambiti strategici chiave per la digitalizzazione:
- Utilizzo delle tecnologie digitali come strumento per migliorare la reputation aziendale, allargando l’accesso della clientela ai servizi, sempre più personalizzati, proposti dall’azienda;
- Automatizzazione dei processi aziendali come forma di semplificazione, attraverso il ricorso all’intelligenza artificiale e all’apprendimento automatico;
- Analisi dei dati aziendali per individuare le aree in cui migliorare la pianificazione e la performance del business aziendale;
- Finanziamento dell’acquisizione di strumenti digitali “intangibili”, licenze e software gestionali come ERP e CRM, fondamentali per l’evoluzione dei processi aziendali;
- Utilizzo della tecnologia digitale per innovazioni di prodotto e di processo nelle imprese, sviluppando e lanciando nuovi prodotti o servizi sul mercato, anche e soprattutto tramite l’ausilio di una piattaforma di e-commerce;
- Utilizzo di strumenti digitali in grado di promuovere sul web l’immagine dell’azienda, attraverso una proficua attività di marketing digitale, di SEO (Search Engine Optimization) e di pubblicità online;
- Agevolazione dell’acquisizione delle competenze necessarie per la trasformazione digitale, colmando il divario esistente attraverso il reclutamento online, la formazione digitale, la gestione delle prestazioni e la collaborazione interna;
- Protezione dell’azienda da minacce informatiche, tramite l’adozione di misure severe come l’accesso controllato, la crittografia dei dati e i firewall;
- Sfruttamento del cloud computing per ridurre i costi IT, migliorando la scalabilità e l’accessibilità dei dati;
- Promozione di una cultura del digitale, coinvolgendo e formando gli stessi dipendenti nelle nuove competenze digitali.
In questo complesso scenario, il mercato assicurativo – secondo i dati stilati dall’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano – rientra (assieme alle banche) tra i settori che più stanno rivoluzionando i propri modelli a seguito della trasformazione digitale. Il consumatore digitale rappresenta circa il 32% del target assicurativo, destinato ad aumentare nei prossimi dieci anni fino a raggiungere l’82% del totale, in un contesto in cui le polizze fully digital avranno un incremento del 30-40% rispetto al mercato attuale. La tendenza positiva della digitalizzazione nelle compagnie assicurative non stupisce affatto: il settore, già prima della pandemia, aveva infatti promosso un’elevata integrazione dei canali fisici e online, andando oltre il mero e-commerce e adottando tecnologie avanzate (sia in materia di sicurezza che attraverso lo sviluppo di un pervasivo Cloud pubblico) in grado di soddisfare le esigenze dei clienti in termini di personalizzazione, semplicità e flessibilità.
[1] Report Innovazione Digitale nelle PMI – 2022, p.4
[2] Indice creato dalla Commissione Europea per misurare il mutamento nel livello di digitalizzazione, sul piano economico e sociale, dei Paesi Europei
[3] Digital Economy and Society Index 2022 Italy, p.3
[4] Osservatorio Digital Innovation Politecnico di Milano 2021