Gli analisti di settore indicano l’intelligenza artificiale come una grande sfida tecnologica che può aprire nuovi scenari per le imprese. Attorno a questa tecnologia, che trova applicazioni in diversi campi, dal retail ai trasporti, dal settore medico al finance, dai motori di ricerca su Internet agli assistenti virtuali, scorrono fiumi di denaro e da essa le imprese si aspettano un salto di qualità per il  proprio business.

Per capire cos’è l’intelligenza artificiale e se può interessare anche al mondo delle piccole e medie imprese, abbiamo intervistato Walter Aglietti (nella foto sopra, ndr), direttore dei laboratori software IBM Italia e membro del gruppo di esperti selezionati dal Ministero per lo sviluppo economico per elaborare insieme al Mise le strategie nazionali su Blockchain e Intelligenza artificiale.

Dottor Aglietti, può spiegarci cosa è l’Intelligenza Artificiale?

L’I.A. è semplicemente un insieme di metodi, basati su tecnologie diverse, alcune risalenti a decenni fa ed altre, invece, molto recenti, che servono per mettere le macchine in condizione di simulare, riprodurre practices tipiche delle attivita cognitive umane: elaborare informazioni, applicare criteri di valutazione, riconoscere costrutti, forme, immagini. In generale, l’I.A., che in IBM definiamo Intelligenza Aumentata,  non è concepita come qualcosa che va a sostituire l’uomo, bensì come un  aiuto a lavorare al meglio e a potenziare le proprie capacità in determinati settori e in determinate condizioni. Automi intelligenti, completamenti autonomi, che siano in grado di aggirarsi tra la gente, come vediamo nei film di fantascienza, o anche molto più semplicemente macchine che siano in grado di rispondere a qualunque domanda, cogliendo le sfumature, le nuances del linguaggio e rispondendo in maniera interamente soddisfacente e indistinguibile da un essere umano sono di là da venire

Quali vantaggi potrebbe portare l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nelle nostre piccole e medie imprese?

Una delle caratteristiche dell’I.A. è quella di essere “compartimentata”. Non esiste, cioè, una I.A. general purpose che può essere utilizzata per tutto. Esistono, invece, dei “canoni” di I.A. che aiutano le imprese a compiere attività specifiche. Ad esempio, molte imprese utilizzano già da tempo metodi di I.A. per l’ottimizzazione del ciclo produttivo, ovverosia per sostituire l’essere umano laddove è più semplice che sia una macchina a verificare che la produzione vada in un certo modo, che il numero di pezzi prodotti sia quello previsto e che vengano rispettati certi standard di qualità. L’I.A. può ottimizzare qualsiasi processo in ogni settore, dalla filiera metallurgica a quella del retail fino al mondo delle professioni.

In quali campi viene utilizzata oggi lI.A.?

In tutti quelli in cui le capacità specifiche dell’uomo sono limitate o rallentate dalla quantità di informazioni da elaborare, quindi sostanzialmente quasi qualunque professione: l’ingegneria, l’industria, lo sport, la manifattura, la P.A., la Sanità. In quest’ultimo settore, ad esempio, l’I.A. viene utilizzata a supporto dei medici nell’interpretazione diagnostica e anche per ottimizzare il funzionamento degli ospedali, ad esempio come ausilio nella distribuzione dei medicinali, oppure per affiancare un paziente che deve seguire una terapia stringente e monitorata con un “assistente artificiale” che lo aiuti a seguire tale terapia, a capire come contattare un dottore o un infermiere di supporto.

Quali competenze sono necessarie per approcciare l’I.A.?

Uno degli aspetti più interessanti dell’I.A. è che, oltre a richiedere ovviamente delle competenze di tipo “tecnico”, in realtà presuppone ancor prima una conoscenza precisa del problema che l’I.A. deve risolvere. Mi spiego con un esempio. Una delle esigenze che ci si trova ad affrontare in uno studio professionale di avvocati è quello di dover analizzare in tempi rapidi una gran quantità di carte per trovare, ad esempio, riferimenti a casi precedenti che possono essere d’aiuto per la causa alla quale si sta lavorando. Tale lavoro di ricerca, per il quale prima occorrevano magari settimane, con l’intelligenza artificiale può essere svolto rapidamente, in poche ore, grazie alla capacità di  “digerire” tutti i testi su cui l’IA è stata addestrata e di rispondere rapidamente e in  linguaggio naturale alle nostre interrogazioni, comprendendone anche le sfumature di significato, se sono state insegnate, e liberando l’utente dall’obbligo di imparare lo specifico formalismo di ricerca. L’avvocato, come l’imprenditore o il medico, dunque, per affrontare l’I.A. deve per prima cosa avere una profonda conoscenza del proprio mestiere e idee molto chiare sui problemi che vogliono risolvere, sulle attività che vorrebbero svolgere più velocemente per ricavarne vantaggio competitivo.

Il mondo dell’I.A., dunque, è a disposizione anche delle PMI?

Essendo l’I.A. un insieme di metodi, ce ne sono alcuni più facilmente utilizzabili da parte delle PMI, altri più complessi. Un esempio è quello dell’assistente virtuale che nei siti web risponde alle domande degli utenti. Una cosa del genere ha un enorme valore per le grandi aziende – penso a quelle delle comunicazioni o ai grandi retailer – che hanno la necessità di avere un contatto diretto con il cliente finale, riducendo i costi. Se l’assistente virtuale ha un grande valore di business per le grandi aziende, non è detto che lo stesso valore lo abbia in una piccola impresa dove il rapporto con il cliente finale è più diretto. Spetta all’imprenditore valutare la convenienza o meno dell’utilizzo dell’I.A. per la propria azienda. Quanto alle competenze “tecniche” necessarie per sviluppare l’I.A., nei nostri laboratori abbiamo principalmente quattro tipi di figure: ingegneri informatici, statistici, matematici e fisici. Per utilizzare correttamente l’I.A., però, ci vuole soprattutto creatività e curiosità. I nostri esperti, infatti, hanno approfondite competenze tecniche, ma hanno bisogno di conoscere a fondo il business dei nostri clienti per sviluppare le soluzioni di I.A. più adeguate.

Quale sarà, secondo lei, il fattore che darà il via alla prossima grande rivoluzione: la blockchain, l’I.A., la Realtà aumentata o la Realtà virtuale?

Domanda difficile, come tutte le domande che implicano una previsione. In realtà quelle da lei citate non sono tecnologie distinte. Io vedo l’I.A. a supporto di blockchain, Realtà aumentata e Realtà virtuale. La blockchain è un’innovazione importante, anche se attorno a essa c’è un grande hype. In IBM ne proponiamo l’adozione laddove sia necessario impostare una filiera in cui la fiducia, il trust è alla base di tutto. La blockchain è una tecnologia di estrema potenza che va usata in modo opportuno, senza gonfiarla di eccessive aspettative. Una cosa comunque è sicura: l’I.A. è sempre più parte delle tecnologie in quanto alla base di alcune funzionalità a valore per il business di oggi. Del resto anche noi, come utenti, ci aspettiamo che il nostro telefono diventi sempre più intelligente e capace di risponderci a tono quando ci serve qualcosa e ciò vale anche per tutti gli strumenti che utilizziamo a casa e nell’ambiente di lavoro.

Ovviamente, l’utilizzo sempre più diffuso dell’I.A. avrà delle ripercussioni anche nel mondo del lavoro e della formazione.

L’I.A. va ad affiancarsi all’uomo per sostenerlo nelle proprie professionalità e nelle proprie competenze, per permettere di esprimerle al meglio in quelle attività lavorative che hanno maggiore valore aggiunto. Alcune attività più semplici e automatiche verranno sostituite dall’I.A., ma altre figure professionali nasceranno e si evolveranno come è successo in tutte le fasi di trasformazione industriali, tecnologiche che si sono verificate nella storia. Agli studenti che devono scegliere un percorso di studio tocca individuare le competenze che, già molto ricercate oggi, lo saranno ancor più nei prossimi anni. Noi di IBM stiamo interagendo anche con il mondo della scuola per aiutarlo a far crescere le competenze del futuro. Tanti anni fa nelle scuole si insegnava economia domestica ma nel tempo questa materia è scomparsa dai percorsi scolastici. Quelle competenze sono state sostituite da altre, così come quelle attuali, in parte rese obsolete dall’introduzione dell’I.A., andranno sostituite con altre competenze. Stiamo per vivere una trasformazione epocale, che va compresa, sostenuta e indirizzata da tutti gli attori e tenendo conto anche degli aspetti etici.

Clara Frattini

Avvocato con una significativa esperienza nell'ambito del diritto del lavoro, del diritto societario e del diritto civile, acquisita collaborando presso primari studi di Milano aventi tra i propri clienti multinazionali o aziende italiane con filiali all'estero. Docente in Master di alta formazione manageriale. Membro di Labor Network. Of Counsel di Studio Legale Lambrou. Profilo LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/clara-frattini