Le crisi improvvise sono quelle che mettono alla prova i vertici aziendali, distinguendo, impietosamente, i leader dai semplici capi. È il momento in cui i leader dimostrano tutto il loro valore e i capi rivelano la loro inadeguatezza. Gli eventi critici che si abbattono sull’azienda, per i quali spesso si è del tutto impreparati, impongono tempi minimi di reazione, ma anche lucidità e razionalità. A volte, non si ha la minima idea dei tempi di durata della crisi, con tutto quel che questo significa per la pianificazione della ripresa. In situazioni di tensione emergente, un leader razionale si preoccupa che la risposta alla crisi non diventi la causa dei danni maggiori all’organizzazione. Pur nell’emergenza e/o nell’urgenza, bisogna essere capaci di proiettare le ricadute delle proprie decisioni nel futuro, identificando soluzioni che non siano una risposta banale e istantanea al problema presente, ma possano essere valide anche per il periodo della ripresa.  Inoltre, un vero leader coinvolge attivamente i propri collaboratori. Spesso, nei momenti di crisi, ci sono persone che rivelano una capacità straordinaria di problem-solving, è sufficiente dare loro fiducia e libertà di pensiero. Poi, per la parte operativa, ci si coordinerà al meglio, ma la crisi è un’opportunità per giovarsi del potenziale nascosto delle proprie risorse. Nel corso della mia storia manageriale e professionale ho vissuto diverse situazioni critiche e l’elemento che ho sempre registrato come costante è la rinascita etica e morale dell’organizzazione, a seguito della fase di crisi. È una grande opportunità per la leadership aziendale che deve saper cogliere, tra gli aspetti negativi, il grande vantaggio di poter riscrivere la strategia aziendale, rivisitando consuetudini e comportamenti, cui le persone si erano stancamente abituate. La rinascita etica si concretizza nel desiderio di rifondare l’organizzazione, attorno ai quei valori che sono emersi proprio in virtù della crisi attraversata. Un altro aspetto interessante è che le crisi profonde, spesso, impongono lunghi periodi d’inattività, ed è proprio in queste occasioni che, dopo aver superato l’iniziale stato di sgomento e disorientamento, si inizia a pensare a cosa e come cambiare. Insomma, una crisi è sempre una iattura, ma i leader razionali sanno trarre beneficio anche da queste situazioni, tanto più che nessuna situazione negativa è infinita. Gli inglesi hanno una frase molto efficace: This too shall pass (anche questo passerà). Noi non siamo da meno, grazie al grande Eduardo De Filippo e alla sua «Addà passà ’a nuttata», con la quale chiude la sua grande opera “Napoli Milionaria”. Ma torniamo al punto e cerchiamo d’identificare i 5 comportamenti chiave che un leader deve tenere in situazioni di crisi.

Riconoscere di essere in crisi

Un leader dichiara, senza timore, lo stato di crisi. Non lo nasconde, né lo minimizza. Non carica la situazione di inutili elementi di ulteriore tensione, ma non si esime dal dare un quadro realistico della situazione. La lucidità con la quale descrive il momento di difficoltà è la garanzia per i suoi collaboratori che al timone c’è una persona capace di gestire il momento di crisi. Un leader non si sottrae agli interrogativi e non nega l’evidenza, ma, anzi, si preoccupa che tutti i collaboratori abbiano aggiornamenti precisi e costanti. Un leader razionale non concede nulla alla retorica, evitando discorsi e comunicazioni ricche di falsi valori, magari in chiara contraddizione con la gestione usuale dell’azienda.

 Adottare misure correttive

Un leader non si ferma, mai. In questi frangenti raccoglie tutte le sue energie e competenze per redigere una tabella di marcia per il recupero della normalità, pur con tutte le prudenze dovute all’imprevedibilità degli eventi futuri. Comincia a definire le azioni correttive, per rettificare processi e procedure che si siano rivelati inadeguati nella fase di crisi. Disegna scenari alternativi a quello attuale, in funzione di eventuali piani di contingentamento. Ovviamente, questo è un lavoro che non può vedere coinvolti i livelli più operativi, ma è necessario che la prima linea sia tutta impegnata nel sostenere il leader in questo compito ingrato.

Valutare obiettivamente la situazione prima di reagire

Una crisi aziendale non offre, quasi mai, un tempo sufficiente per analizzare nel dettaglio la situazione. Ciò non toglie che un leader debba considerare lo scenario che deve affrontare con lucidità e freddezza. Le difficoltà ci coinvolgono emotivamente, ma è proprio in questi momenti che si distinguono i leader dai capi. Quest’ultimi reagiscono emotivamente, comunicando (involontariamente) il loro smarrimento ai collaboratori diretti e, a cascata, all’intera azienda. Una valutazione obiettiva della situazione richiede un approccio distaccato (per quanto umanamente possibile), che consenta di prendere decisioni perseguibili ed efficaci.

Affrontare lo stress

Questo punto è profondamente collegato al precedente. È chiaro che per mantenere la necessaria lucidità e contenere le pulsioni emotive è necessario essere dotati di grande autocontrollo. Questa dinamica favorisce uno stato di stress elevatissimo, che deve essere gestito. In tutte le occasioni di condivisione e comunicazione il leader dovrà ostentare un pieno controllo delle sue capacità intellettuali, a garanzia della bontà delle decisioni prese. Non solo, il leader dovrà gestire lo stress dei propri collaboratori, così caricandosi anche le loro tensioni.

Controllare il caos

In una situazione di crisi, un ambiente di lavoro può facilmente e rapidamente ritrovarsi nel caos. La paura e l’insicurezza s’impossessano del personale, che comincia a prospettare scenari catastrofici. Tutto ciò porta ad uno stato confusionale generalizzato, che cancella tutte le priorità lavorative. È imperativo che un leader prenda il controllo e impedisca che il panico si diffonda. Se del caso, ridistribuisce compiti e mansioni, ma cerca di circoscrivere (a tutti i costi) i danni derivanti da questi atteggiamenti.

I 5 comportamenti chiave del leader servono a mantenere una situazione di crisi leggibile e interpretabile. Ciò che innesca il meccanismo del panico è la mancanza di strumenti per capire cosa effettivamente stia succedendo. L’idea che tutto ciò che fino a ieri rientrava in uno schema consolidato, di colpo non abbia più senso, ci disturba, disorienta e stordisce. Tutti noi abbiamo bisogno che la realtà esterna mantenga la sua coerenza, magari a noi del tutto sgradita, ma comunque stabile e riconoscibile. Abbiamo bisogno che tutto sia riconducibile ad una narrazione nella quale tutto abbia una logica e una trama comprensibile. Neuroscienziati, psicologi sociali e terapisti del PTSD (Post-traumatic stress disorder) sostengono tutti l’importanza della narrazione per rendere comprensibili gli eventi traumatici. Una ricostruzione dei fatti che abbia una sua coerenza interna, permette una collocazione ragionevole degli eventi dentro uno schema narrativo credibile. Un leader deve saper comunicare la crisi, e i successivi passaggi della stessa, attraverso una narrazione razionale dei fatti, cui aggiunga elementi descrittivi che trasmettano emozioni positive. In questi casi, ci si unisce attorno alla narrazione di una storia che veda tutte le persone (quindi tutto il personale a qualsiasi livello) protagoniste della narrazione stessa e, per questo, non escluse da ciò che avviene fuori dalla loro portata conoscitiva. Questa è la chiave per mantenere aperta in ogni persona la fiducia nel futuro e un senso di appartenenza alla storia che la propria azienda sta vivendo, fosse anche una storia di crisi.

Giuseppe Andò

C-level, Executive, Team & Career Coach. Associate Coach Marshall Goldsmith Stakeholder Centered Coaching. Member of Board EMCC Italia (European Mentoring & Coaching Council).