Ritengo che il mandato fondamentale di un leader sia guidare la sua squadra verso “il fare”. C’è un’accezione assolutamente “attiva” nel concetto di leadership, che non esclude tutte le caratteristiche teoriche più volte espresse dalla dottrina, ma le concepisce in chiave pratica e costruttiva. “Decidere” è un’attività solo apparentemente complicata. La nostra vita quotidiana è costellata di decisioni, dalle più insignificanti alle più complesse. Non passa minuto, forse secondo, che noi non si decida qualcosa. Decidere è vitale, è parte imprescindibile della nostra esistenza. Se escludiamo tutto quanto ci tiene in vita al di fuori della nostra volontà (battito cardiaco, respirazione, attività epatica, ecc.) tutto il resto dipende dalle nostre micro o macro decisioni. Non tutte le decisioni hanno lo stesso peso. Non solo, non tutte sono immediate, alcune richiedono un lavoro lungo e faticoso. La cosa più importante è che la decisione sia giusta, ossia che ci consenta di ottenere il risultato che ci siamo prefissati, nei tempi che abbiamo programmato. Il nostro destino è scritto nelle nostre decisioni e non altrove. Non dimentichiamo che l’opzione di non decidere non esiste, si può decidere di non decidere, ma, va da sé, si tratta pur sempre di una decisione. Stabiliti questi pochi e semplici criteri di base, è bene precisare che a noi interessano, in questa sede, le decisioni prese in ambito lavorativo e professionale da chi è, si sente o aspira a diventare un leader. Per provare a mettere un po’ in ordine le proprie idee, si può provare a rispondere alle seguenti domande.

  • In quanto leader, che approccio adotto quando sono chiamato a decidere?
  • La mia leadership in che misura è influenzata, nel bene o nel male, dalle mie modalità decisionali?
  • Ho un modello che seguo sistematicamente o improvviso?
  • Ho un’idea chiara di quali decisioni prendo in autonomia e quali prendo sistematicamente con la mia squadra?
  • Ci sono ambiti che escludo completamente dalla mia pertinenza decisionale?
  • Ci sono ambiti che ascrivo completamente e in via esclusiva alla mia responsabilità decisionale?
  • Sono abituato a condividere le mie decisioni con la mia squadra?
  • Se sì, con quale modalità?
  • Se no, come comunico le mie decisioni?
  • Quali princìpi governano (principalmente e non in via esclusiva) le mie decisioni?
    • Il profitto?
    • Il fatturato?
    • La riduzione dei costi?
    • Il benessere in azienda?
    • Lo sviluppo delle competenze di chi lavora con me?
    • La motivazione dei miei collaboratori?
    • Un ambiente eticamente eccellente?
    • La promozione di un’immagine dell’azienda per la quale tutti vorrebbero lavorare?
  • Ho mai provato a mettere in ordine i princìpi sopra elencati (aggiungendone altri all’occorrenza), secondo le mie priorità?
  • Ho definito con la mia squadra i princìpi ispiratori delle nostre decisioni?
  • Vivo il momento del decision-making esclusivamente come l’espressione del mio potere?

Quando avrete finito di rispondere a queste domande, sottoponete il risultato alla vostra squadra e abbiate il coraggio e l’umiltà di confrontare il parere dei vostri collaboratori con le risposte che avete dato. È la migliore base di partenza per (ri)costruire le logiche decisionali del vostro team. Per quanto un team possa essere piccolo, non si può fare a meno di normarne l’attività. Gli obiettivi, le performance, l’approccio ai problemi, sono tematiche che rischiano di sfuggire ad una corretta gestione se non si disegnano, almeno a grandi linee, delle regole comuni. Per sentirsi solidalmente responsabili dei risultati della squadra, bisogna sentirsi parte dei meccanismi che ne determinano le dinamiche.

Giuseppe Andò

C-level, Executive, Team & Career Coach. Associate Coach Marshall Goldsmith Stakeholder Centered Coaching. Member of Board EMCC Italia (European Mentoring & Coaching Council).