Uffici popolati solo da robot, ma anche macchine che ruberanno il lavoro agli umani. Sono questi gli stereotipi più diffusi legati all’intelligenza artificiale. Una visione che potremmo definire affascinante, per certi versi, ma che ha poco a che fare con la realtà.
“L’intelligenza artificiale – precisa Salvatore Caruso, Manager di JHunters, brand di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale – può essere un grande alleato anche per il mercato del lavoro, ma di certo non sostituirà mai gli esseri umani che, però, trarranno grandissimi vantaggi dall’applicazione della tecnologia. Pensiamo, ad esempio, al tempo risparmiato dalle persone se un robot si occupa di svolgere attività quotidiane ripetitive, noiose e a scarso valore aggiunto. Occorre, secondo me, un cambio di punto di vista: l’AI non sostituirà mai le capacità umane, ma ne aumenterà il potenziale e le integrerà. Ad oggi, tra l’altro, l’intelligenza artificiale ha creato più posti di lavoro di quanti ne abbia fatti perdere (dati OCSE). Ed è da questo che dobbiamo partire”.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la recente vicenda di ChatGPT, il sistema di Intelligenza Artificiale della società OpenAI, che ha già attirato l’attenzione di Microsoft, che sarebbe pronta ad investire 10 miliardi di dollari per accaparrarsi il software e implementarlo nel suo motore di ricerca Bing. ChatGPT, in sostanza, risponde ai diversi tipi di richieste degli utenti, imitando lo stile di conversazione umana. Uno strumento che ha davvero infinite applicazioni, dal customer service alla creazione dei contenuti.
Le macchine sostituiranno gli esseri umani? I risultati del sondaggio di Hunters Group. Il sondaggio, somministrato a circa 800 intervistati, ha rivelato che solo il 15% ritiene che strumenti come ChatGPT possano sostituirsi completamente agli esseri umani per alcune mansioni lavorative. Il 40,5%, invece, non lo ritiene possibile per nulla, considerando insostituibile il valore aggiunto della persona nella quotidianità lavorativa. Il restante 44,5%, ovvero la maggioranza degli intervistati, sostiene che in parte queste novità tecnologiche potranno influire su alcune professioni per come le conosciamo oggi, magari portando anche dei benefici alle attività e ottimizzandole.
“Generalmente l’AI – aggiunge Salvatore Caruso – aumenta la capacità produttiva e la possibilità di gestire un quantitativo di lavoro più grande. Accelera la velocità d’esecuzione dei processi e porta ad una riduzione del tempo per realizzarli. Il rischio di perdere il lavoro a causa dell’Intelligenza Artificiale è una distorsione della realtà, perché piuttosto evolveranno alcuni settori per i quali sarà richiesto un re-skilling sia dal punto di vista digital, sia dal punto di vista delle competenze soft”.
Ma quali sono i settori che potrebbero beneficiare di queste novità? L’impiego di chatbot nell’ambito Customer Care non è certamente una novità. L’avvento della ChatGPT e dei suoi algoritmi estremamente sofisticati non potrà che favorire dunque un maggiore uso di tale strumento nel settore.
Questa aumentata capacità di ricreare un linguaggio naturale potrebbe far ipotizzare a un impiego dell’AI anche nell’ambito Sales. Non più, quindi, chatbot solo per la gestione del cliente, ma AI capaci di contribuire alla sua acquisizione. D’altro canto, è logico supporre che un tale impiego potrà essere più efficace soprattutto in processi di vendita a bassa complessità, come le vendite telefoniche, soprattutto laddove la gestione del processo, ad oggi, è affidata a figure professionali poco qualificate.
Un altro settore che potrebbe vedere un notevole impiego della ChatGPT è poi il mondo Digital, ovviamente come strumento applicato alla creazione di contenuti digitali. I nuovi algoritmi consentono infatti all’AI di creare testi e persino immagini originali (in questo caso parliamo dell’AI DOLL-E). L’impiego dell’AI faciliterebbe non poco il lavoro di Content Creator e di Copywriter. L’utilizzo di sistemi di AI per creare prodotti digitali potrebbe lanciare nuove sfide legata al mondo Legal. Potrebbe non essere semplice, infatti, determinare quanto un prodotto creato con ausilio di Algoritmi istruiti possa essere considerato di fatto “originale”. Di conseguenza l’impiego quindi di AI potrebbe innescare nuovi dibattiti sul tema copyright e rendere sempre più necessari professionisti Legal specializzati in queste tematiche.
L’impiego di AI e la loro integrazione nella vita lavorativa, a prescindere dal settore di riferimento, comporta la necessità di avere figure IT capaci di sviluppare, integrare e aggiornare questi nuovi strumenti, per renderli fruibili per la loro applicazione del mondo del lavoro.
“Se volessimo tratteggiare, a grandi linee, il mercato del lavoro 2023 – conclude Salvatore Caruso – potremmo dire che saranno sempre più indispensabili le competenze digitali e le soft skill. Ci sarà, senza dubbio, una crescente domanda, da parte delle aziende, di professionisti con solide conoscenze tecnologiche ed informatiche, ma anche capaci di analizzare e interpretare dati, con spiccato pensiero critico e di problem solving”.