Secondo uno studio di Confartigianato, il crescente utilizzo delle tecnologie digitali – intensificato in occasione della crisi Covid-19 – profila una domanda di lavoro caratterizzata da una maggiore diffusione di competenze digitali. La ripresa, dopo la pesante recessione prevista per quest’anno, porterà un ritorno degli investimenti finalizzati a sostenere la trasformazione digitale.
Ed è proprio sul fronte degli investimenti produttivi – come sostenuto da Confartigianato – che vanno indirizzate le priorità degli interventi di politica economica per la ripresa, anche per quelli che utilizzeranno i fondi europei.
Sul delicato fronte della qualità del capitale umano, l’Italia deve colmare un ritardo con l’Europa, come documentato dai dati del Digital Economy and Society Index (DESI) elaborato dalla Commissione europea: nel 2019 la quota della forza lavoro con competenze superiori al livello base per l’Italia è del 26,2%, inferiore di 12,5 punti al 38,7% della media dell’Ue. La distanza si amplia ulteriormente rispetto a Germania (43,9%) e Spagna (39,4%). Il gap di competenze digitali tra Italia e Unione europea si è allargato negli ultimi quattro anni: era di 9,2 punti nel 2015.
L’indicatore valuta il livello in quattro domini di competenza digitale: informazione, comunicazione, creazione di contenuti e risoluzione di problemi.
L’esame del report sulle competenze digitali di Unioncamere-ANPAL evidenzia che nell’ambito degli investimenti in tecnologie digitali, nel quinquennio tra il 2015 e il 2019, più di una impresa italiana su due ha investito nell’internet ad alta velocità, cloud, mobile e big data analytics (55,3%) e nella sicurezza informatica (55,3%). Il 29,9% ha investito in IoT (Internet delle cose), tecnologie di comunicazione machine-to-machine, mentre il 23,7% in realtà aumentata e virtuale a supporto dei processi produttivi. Relativamente meno diffusi gli investimenti delle aziende nella robotica avanzata (stampa 3D, robot interconnessi e programmabili), rilevati nel 16,4% delle imprese.
Anche nel report ‘Digitalizzazione e tecnologia nelle imprese italiane’ pubblicato dall’Istat a metà agosto si evidenzia una marcata propensione al digitale del sistema delle imprese: nel triennio 2016-2018 oltre tre quarti (77,5%) delle imprese con almeno 10 addetti hanno investito, o comunque utilizzato, almeno una tecnologia digitale.
Gli investimenti digitali delle imprese modellano le competenze della domanda di lavoro, anche nelle micro e piccole imprese (MPI). Nel 2019 per il 58,6% delle entrate previste – nuovi rapporti di lavoro dipendenti e indipendenti – nelle PMI sono richieste competenze digitali, come l’uso di tecnologie internet, e la capacità di gestire e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale; per il 51,2% delle entrate è richiesta la capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici e informatici per organizzare e valutare informazioni qualitative e quantitative ed infine nel 36,0% delle entrate viene richiesta capacità di gestire soluzioni innovative nell’ambito di ‘impresa 4.0’, applicando tecnologie robotiche, big data analytics, internet of things ai processi aziendali.
Nel report di Unioncamere-ANPAL le tavole 3.1, 3.2 e 3.3 contengono i dati per regione e provincia delle entrate per cui è necessaria ciascuna delle tre e-skills esaminate.