“Sempre più imprese tendono a mitizzare le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, considerandola come una infrastruttura digitale pensante e, per certi aspetti, autonoma. Merito del marketing, che veicola il mito dell’AI come panacea miracolosa in grado di risolvere problemi complessi in tempo reale e senza sforzo, creando Hype e aspettative sovradimensionate. Eppure l’AI se utilizzata in modo corretto, potrebbe diventare un potente driver competitivo a servizio delle PMI, nonché un moltiplicatore di performance e servizi”, esordisce cosi Paolo Borghetti, Business & Digital Mentor fondatore e Ad di Future Age, società di Change Management e innovazione ad alto impatto che ha affiancato con successo oltre 300 PMI italiane nel processo di evoluzione da impresa accentrata-artigianale a impresa digitale.
Ma in che modo l’AI entrerà nella pianificazione strategica e nel change management delle aziende?
Quali sono i Gap da colmare in termini di competenze e di ruoli in azienda? Quali le opportunità ed i rischi dell’introduzione dell’AI nei processi in azienda? Il Digital Mentor illustra pro e contro dell’AI per le PMI in un’analisi articolata.
PMI e intelligenza artificiale: il Gap nelle competenze
Il recente Rapporto Istat dal titolo “Imprese e ICT 2023” rivela che il 47,9% delle PMI italiane utilizza almeno un software gestionale, ma solo il 13,6% condivide i dati digitalmente con i fornitori o i clienti all’interno della catena di approvvigionamento – contro la media europea del 23,5%. Inoltre, la mancanza di competenze rappresenta un ostacolo all’adozione dell’intelligenza artificiale per il 55,1% delle imprese. Nel nostro Paese, infatti, solo il 5% delle imprese con 10 o più dipendenti utilizza le tecnologie di intelligenza artificiale – contro la media UE dell’8%.
“In questi anni abbiamo analizzato più di duemila PMI in tutto il nord Italia e uno dei principali problemi che abbiamo riscontrato è la mancanza di comunicazione tra reparti e manager. Prima di inserire qualsiasi strumento di IA dobbiamo ‘destrutturare’ alcuni equilibri che minano l’evoluzione delle PMI, ad esempio i passaggi generazionali non affrontati, il cambio dei modelli organizzativi e l’introduzione della cultura del dato”, commenta l’Ad di Future Age. E aggiunge: “Le aziende sono comunità di persone e la differenza la fa sempre la forza del team. Ma il team, per essere definito tale, deve avere valori e saper comunicare. Senza aver risolto preventivamente queste criticità, l’AI non avrà alcun impatto a reale valore aggiunto nelle PMI, se non qualche operazione di marketing ben riuscita per farsi finta e sterile pubblicità”.
Management Generativo e Persone al centro
“L’intelligenza artificiale sta esprimendo un potenziale di vasta portata per le PMI, supportando ad esempio la re-ingegnerizzazione dei processi, le risposte previsionali sui KPI e portando il change management ad un nuovo livello grazie a sofisticati modelli previsionali. Ma dobbiamo ricordare che l’AI può diventare un concreto strumento di vantaggio competitivo solo per le imprese che hanno abbracciato con convinzione il processo di digitalizzazione al servizio del Management Generativo, mantenendo al centro l’unicità delle Persone e del loro potenziale creativo e relazionale”, prosegue Borghetti.
In questo scenario, il ruolo del Digital Mentor è cruciale per guidare le PMI nell’ottimizzazione dei processi e degli asset attraverso l’AI, comprese le apparecchiature meccaniche, soprattutto nei settori Manufacturing, Automotive e Metallurgico, ma anche nei settori dell’Elettronica e Idraulico, solo per citarne alcuni. Ma in questa prospettiva è fondamentale abbinare alle nuove competenze informatiche le abilità umanistiche che nascono dal coaching psicologico, dall’intelligenza emotiva e dalla programmazione neurolingustica. In altre parole, gli esseri umani devono restare sempre al centro.
Ottimizzare i processi con l’AI generativa
L’intelligenza artificiale apre la via a prodotti e servizi di nuova generazione, con un impatto potenzialmente significativo per la crescita delle PMI. Può infatti “disegnare” percorsi di vendita più fluidi e ottimizzati, migliorare la manutenzione dei macchinari, aumentare sia la produzione che la qualità, migliorare il servizio al cliente e il risparmio di energia.
Qualche esempio? L’aumento stimato della produttività del lavoro grazie all’IA, entro il 2035, passerà dall’11 al 37% (Fonte: studio del Parlamento europeo), mentre la riduzione delle emissioni globali di gas serra entro il 2030, attribuibile all’uso dell’IA, passerà dall’1,5 al 4%.
“La creatività e la capacità di andare oltre i rigidi algoritmi della logica per mettere in campo soluzioni nate dall’intuizione manageriale sono gli aspetti distintivi dell’essere umani nell’era dell’AI e rendono assolutamente non replicabile il nostro approccio al lavoro e le nostre performance. Il Dna di valori aziendali, il senso di appartenenza e la capacità di fare squadra sono il vero motore per governare in modo efficace l’AI”, prosegue Paolo Borghetti.
In particolare, l’intelligenza artificiale consentirà alle PMI di:
- Accelerare l’innovazione
- Usare modelli previsionali nei processi chiave, dalla produzione alle vendite
- Stimare i carichi di lavoro
- Disegnare alternative di layout per ottimizzare la movimentazione di materie prime, prodotti o semilavorati in azienda
- Gestire in modo più razionale il magazzino e gli ordini
- Ottimizzare l’allocazione delle risorse
- Utilizzare modelli previsionali per il Risk Management
- Ridurre il consumo energetico
- Ridurre le spese operative
- Migliorare la produttività
- Personalizzare su larga scala la Customer Care
- Analizzare l’infrastruttura dei data center per riprogettarla
- Fare analisi predittiva di dati per facilitare le scelte strategiche
Dai lavori automatizzabili ai rischi per la sicurezza dei dati
L’utilizzo delle diverse forme di AI porta con sé importanti rischi, dovuti ad esempio alla scarsa attendibilità delle fonti dei dati sui quali si basano o ad una errata individuazione del problema o ambito di indagine. Esiste poi in alcuni ambiti il rischio che l’AI possa sostituire alcune figure professionali. Nei Paesi dell’OCSE, ad esempio, il 14% dei posti di lavoro sono automatizzabili, mentre un altro 32% dovrebbe subire cambiamenti sostanziali – soprattutto per ruoli a basso valore aggiunto e manuali.
In sostanza, l’utilizzo delle forme di Intelligenze Artificiali di pubblico dominio come, appunto, ChatGPT, comporta il rischio che i dati aziendali vengano resi involontariamente pubblici – a meno che non si utilizzino all’interno di reti “chiuse” – oppure l’utilizzo di report finali basati su dati non verificati.
I Data Center del Futuro in risposta alle esigenze dell’AI
La crescita dell’AI si traduce in una domanda esponenziale di Data Center a elevata potenza di calcolo ed eleborazione, come accade ad esempio per il deep learning e il machine learning, che richiedono calcoli intensivi resi possibili sono grazie ad una potenza di processamento dei dati senza precedenti. Man mano che le PMI integrano nelle loro attività con l’AI, sfruttandone le funzionalità per la manutenzione predittiva, l’ottimizzazione dell’allocazione delle risorse e l’analisi avanzata dei dati, aumenta esponenzialmente la domanda di data center robusti. Un aspetto importante, dal quale non si può prescindere nella ridefinizione degli Asset aziendali nell’era dell’AI. Queste infrastrutture di gestione dei Big Data hanno una elevata impronta ecologica perché sono energivore, generano un elevato calore di scarto ed elevate emissioni di CO2.
Ma non solo. Nei Data Center di nuova generazione che ospiteranno l’AI si stima che la potenza elettrica e il fabbisogno energetico raddoppieranno. Ecco perché un approccio virtuoso all’AI non può prescindere anche dalla considerazione di questi aspetti, come spiega Il Digital Mentor, che lancia un appello: “Le PMI che affrontano la sfida dell’AI non possono prescindere dalla considerazione degli aspetti legati alla sostenibilità che richiede l’attuazione di pratiche di utilizzo sostenibili per ridurre al minimo le emissioni dei Data Center, ad esempio riconvertendo in energia l’elevato calore di scarto”, conclude il Digital Mentor.