Le piccole e medie imprese contribuiscono in modo significativo al PIL europeo e, secondo la Commissione Europea, svolgono un ruolo cruciale nel raggiungimento degli obiettivi fissati dagli Accordi di Parigi. Fino a due terzi delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea, infatti, è a carico delle PMI. Eppure, il loro ruolo nella lotta al cambiamento climatico viene spesso trascurato.
“Sebbene il percorso verso la decarbonizzazione presenti sfide significative, è incoraggiante osservare gli sforzi messi in atto dalle aziende italiane per la transizione, dimostrando consapevolezza diffusa e impegno concreto, nonché la capacità di essere leader della sostenibilità. È essenziale però che le politiche nazionali ed europee continuino a supportare questi sforzi, fornendo le risorse e gli incentivi necessari.” Spiega Ferrante Benvenuti, Partner di BCG. “L’attuale contesto di incertezze geopolitiche ed economiche richiede poi un equilibrio tra l’adozione di soluzioni sostenibili e la garanzia di un’autonomia energetica stabile, equilibrio cruciale per mantenere la competitività e la sicurezza energetica del nostro Paese”.
Argos Wityu e Boston Consulting Group (BCG) hanno pubblicato la seconda edizione del report Argos – BCG Climate Transition Barometer 2024, che fa il punto sullo stato dell’arte di queste realtà nel processo di decarbonizzazione.
L’analisi è stata condotta a marzo 2024 su oltre 700 PMI leader di 6 Paesi europei (Francia, Italia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) in settori critici per il raggiungimento degli obiettivi generali di decarbonizzazione, ossia quelli che sono direttamente responsabili delle emissioni di CO2 all’interno delle proprie attività e della value chain diretta. Tra i settori analizzati troviamo quelli ad alta intensità energetica, trasporti e logistica, costruzioni, chimico, agroalimentare, commercio al dettaglio ed e-commerce.
“A fronte di un imperativo di decarbonizzazione stringente, è sempre più importante aiutare le PMI a capire cosa fare concretamente per i propri processi aziendali perché chi non lo fa rischia di essere tagliato fuori da molti mercati. Il nostro fondo Argos Climate Action fa esattamente questo: investe nelle PMI aiutandole a ridurre la CO2 nei loro processi, sulla base dei nostri modelli proprietari e delle esperienze maturate in Europa. Così allineiamo i nostri interessi, legando parte delle commissioni di performance al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione” afferma Jean Pierre Di Benedetto, Managing partner di Argos Wityu in Italia.
Decarbonizzazione è sinonimo di opportunità
I risultati confermano la consapevolezza delle PMI europee riguardo alle sfide legate alla decarbonizzazione, con l’85% dei dirigenti che considerano la transizione importante o addirittura cruciale. Quest’anno, la consapevolezza è accompagnata da una maggiore maturità delle aziende: il 17% dichiara di aver investito in modo massiccio (oltre il 10% del proprio CAPEX annuale) in strategie strutturate per la decarbonizzazione rispetto all’11% del 2023, includendo la misurazione delle proprie emissioni. Scende invece la quota di aziende che non ha ancora investito né avviato nessuna iniziativa: dal 27% al 22% in un anno.
In termini di percezione della decarbonizzazione come opportunità, l’Italia è in testa con il 73% delle aziende che ritengono importante o critica la riduzione delle emissioni, primato che il nostro Paese detiene nonostante il leggero calo del 13% rispetto all’anno precedente, probabilmente dovuto all’incertezza del contesto economico e geopolitico. Osserviamo la stessa situazione anche in Francia, che segue l’Italia, con il 67% di aziende a ritenere la transizione un’opportunità e -6 punti percentuali rispetto al 2023. Aumenta invece la fiducia nella decarbonizzazione in Germania (68%) e Benelux (62%), cresciuta rispettivamente 5 e 2 punti percentuali.
Le PMI vedono in particolare vantaggi economici, come l’efficienza energetica e la riduzione dei costi associati (58%, +4 punti rispetto al 2023), la possibilità di conquistare quote di mercato (54%, +3 punti) e di attrarre nuovi talenti (40%, +15 punti).
Gli investimenti variano tra i settori
A livello europeo, il numero di PMI che investono nella decarbonizzazione è aumentato di 5 punti nel 2024, passando dal 38% al 43%. I dirigenti dichiarano di essere stati incentivati dalla regolamentazione (72%), dall’aumento dei prezzi dell’energia (62%) e dalla crescente pressione di alcuni clienti (56%, +5 punti rispetto al 2023), in particolare nelle B2B dove le grandi aziende chiedono sempre più sforzi per la decarbonizzazione ai propri fornitori.
Tuttavia, la media europea si basa su realtà molto diverse tra loro: se la consapevolezza sulla necessità di decarbonizzare sembra non conoscere confini geografici o settoriali, non si può dire lo stesso sugli investimenti. Il barometro mostra infatti una crescente divergenza delle dinamiche di investimento tra i Paesi: in aumento in Francia e Benelux rispettivamente di +12 e +10 punti percentuali rispetto al 2023, mentre in Italia si osserva una leggera diminuzione di 4 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
La dinamica di investimento è più accentuata in alcuni settori: la percentuale di PMI che dichiarano di aver investito “fortemente” o “significativamente” nella decarbonizzazione aumenta nei settori dell’agricoltura e dell’alimentazione (+14 punti rispetto al 2023), della distribuzione (+9 punti), dei trasporti e della logistica (+7 punti), mentre le aziende del settore delle costruzioni (-2 punti) o della chimica (+2 punti) si mostrano più prudenti.
La principale sfida da affrontare: la carenza di risorse interne
Il comparto si trova ad affrontare diversi problemi, anche se considerati meno gravosi rispetto all’anno precedente, ad esempio la mancanza di risorse finanziarie (-13 punti), l’incertezza del ritorno sull’investimento (-8 punti) e la complessità regolamentare (-11 punti). Ma l’ostacolo principale per le PMI quest’anno è la mancanza di risorse interne, riportato dal 46% dei rispondenti.
Il 41% delle PMI vede le regolamentazioni, in particolare la CSRD[1], come essenziali o come uno strumento per strutturare il percorso verso la decarbonizzazione, ma la capacità di prepararsi alle normative varia in base alle dimensioni delle aziende. In particolare, il 28% delle aziende con meno di 250 dipendenti dichiara di non essere a conoscenza della CSRD (che verrà applicata per loro a partire dal 2026), evidenziando il bisogno di maggiore supporto per prepararsi, e anzi sfruttare, i cambiamenti dettati dalle nuove regolamentazioni.
[1] La CSRD è una normativa dell’Unione Europea (UE), entrata in vigore il 5 gennaio 2023, che richiede alle imprese europee (comprese le filiali UE qualificate di società non europee) di divulgare il proprio impatto sociale e ambientale e l’impatto delle proprie azioni ambientali, sociali e di governance (ESG) sul business.