In Italia, sei decision-maker su dieci ritengono che l’Intelligenza Artificiale Generativa migliorerà significativamente l’esperienza dei clienti e sarà un importante driver di innovazione all’interno delle aziende, tanto che il 30% delle aziende ha dichiarato di aver già iniziato a utilizzare in via sperimentale la GenAI, mentre un altro 30% prevede di farlo nei prossimi 12 mesi e un altro 31% entro due anni.

A rivelarlo è un recente studio, condotto all’inizio dell’anno da Coleman Parkes Research Ltd. e sponsorizzato da SAS, che ha intervistato su scala globale e italiana figure decisionali nel campo dell’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) e dell’analisi dei dati, appartenenti a diversi settori, per comprendere a fondo il percepito e lo stato attuale di queste tecnologie.

I risultati della ricerca indicano che, sebbene le organizzazioni italiane siano entusiaste del potenziale dell’IA generativa nell’aumentare la produttività del business e delle persone, esistono ancora diversi ostacoli che rallentano l’adozione della GenAI.

GenAI: una visione condivisa, ma concretizzata ancora da pochi

Solo il 6% dei decision-maker italiani intervistati non ha attualmente piani per adottare la GenAI, a fronte di un 94% che ha già pianificato gli investimenti su questa tecnologia per il prossimo anno.

Tuttavia, solo il 3% degli italiani coinvolti afferma di aver completamente implementato queste tecnologie nei propri processi aziendali.

Competenze e implicazioni etiche tra le principali barriere d’ingresso; la Data Privacy è ancora una preoccupazione

La ricerca ha identificato diversi ostacoli che rallentano l’adozione della Gen AI in Italia. Anche se, infatti, solo il 18% dei decision-maker ammette una comprensione limitata di questa nuova tecnologia, lo studio ha rilevato che gli intervistati devono fronteggiare diverse altre difficoltà come:

  • mancanza di tool appropriati (57%);
  • dubbi sull’uso dei dataset, sia interni che esterni (56%);
  • complessità nel passare dalla fase concettuale a quella pratica e nel dimostrare i ritorni sugli investimenti (51%), oppure a integrarsi con i sistemi preesistenti in azienda (45%);
  • assenza di competenze interne (40%).

Inoltre sono emerse anche diverse preoccupazioni principali legate all’utilizzo della GenAI: la privacy dei dati è una delle maggiori preoccupazioni (79% degli intervistati), seguita dalla security (73%) dalle implicazioni etiche (65%) legate all’utilizzo della tecnologia.

Governance e monitoraggio effettivi sono ancora frammentari

Le preoccupazioni sembrano anche riflettersi nella capacità di governance: solo il 4% dei decision-maker italiani riporta una presenza ben stabilita e attiva di un GenAI governance framework, mentre il numero di intervistati che conferma di avere implementato sistemi di misurazione di bias e rischi associati alla privacy negli LLM è al di sotto del 10%; il 48% infine non ha ancora stabilito una policy d’uso della tecnologia all’interno della propria azienda.

Immagine di DC Studio su Freepik

Redazione

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