Con la formazione che torna protagonista si apre il dibattito relativo al gender gap. Fondimpresa e Fondirigenti, i due maggiori Fondi Interprofessionali italiani, si sono interrogati e hanno dibattuto con aziende ed esperti sulle tematiche relative a:
- relazione tra competenze scientifiche e gender gap
- impatto in termini di produttività aziendale, derivante dalla presenza e dalla formazione di management femminile in azienda.
Anche il PNRR dedica ai temi delle pari opportunità spazio e risorse per incentivare il ricorso alle competenze femminili in azienda. Tuttavia, il glass ceiling è ancora una realtà nel nostro Paese e non possiamo non interrogarci a riguardo.
Il Fondo Nuove Competenze, di imminente rifinanziamento, il Bonus Formazione 4.0, Il Programma GOL (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori), l’incessante attività dei Fondi Interprofessionali per la formazione continua sono solo alcune tra le leve strategiche più importanti messe in campo per l’adeguamento delle competenze del capitale umano e presuppongono, oggi più che mai, la necessità di programmare e progettare adeguatamente gli interventi formativi aziendali.
E in questa attività di programmazione le donne che ruolo svolgono? Coloro i quali sono chiamati a progettare e programmare la formazione in azienda sono in grado di sostenere le donne nel loro sistema di aspettative e di preferenze in tema di formazione? Ci si è mai veramente soffermati a riflettere sull’opportunità di una formazione a misura di donna?
La nostra esperienza, derivante non solo dall’osservazione delle realtà delle aziende clienti, ma anche dall’osservazione e sperimentazione interna grazie alla presenza di un organico femminile pari ad esattamente il 50%, ci consente oggi di affermare che, perché la formazione sia realmente a misura di donna, è necessario che sia flessibile e valorizzante. In un settore come quello delle risorse umane e della formazione popolato da donne e in cui è sempre più frequente trovare anche una donna alla guida, è necessario cogliere la necessità di programmare la formazione come opportunità per adottare una visione più “femminile” nei contenuti e nella progettualità.
Si tratta di azioni necessarie nel momento in cui ci si approccia ad un’attività di programmazione e progettazione. La formazione, infatti, non può più limitarsi al solo aspetto accademico/istruttivo: deve generare confronto, accompagnamento, comprensione e tutto questo partendo dalla comunità aziendale in cui si è: solo così sarà possibile generare una nuova cultura inclusiva che contamini la società e fornisca anche strumenti diversi per agire comportamenti nuovi.